lunedì 25 novembre 2019

Le pesche di Prato di Paolo Sacchetti





“Io son di Prato”, m’accontento d’esser di Prato, e se non fossi nato pratese vorrei non esser venuto al mondo, tanto compiango coloro che, aprendo gli occhi alla luce, non si vedono intorno le pallide, spregiose, canzonatorie facce pratesi, dagli occhi piccoli e dalla bocca larga, […] e fuori dalla finestra, di là dai tetti, la curva affettuosa della Retaia, il ginocchio nudo dello Spazzavento, le tre gobbe verdi del Monte Ferrato, gli olivi di Filettole, di Santa Lucia, della Sacca, e i cipressi del Poggio del Fossino, sopra Coiano. E questo dico non perché son pratese, e voglia lisciar la bazza ai miei pratesi, ma perché penso che il solo difetto dei toscani sia quello di non esser tutti pratesi”.





Così scriveva di Prato Curzio Malaparte, lo scrittore che ebbe i natali nella mia città e che descrisse così bene il paesaggio che vedo ogni giorno dalle finestre di casa mia.
Prato è un piccolo gioiello composto da tanti piccoli tesori, spesso sottovalutata per essere così vicina  alla ben più famosa Firenze, ma di cui non ha nulla da invidiare, sia per i monumenti che per il paesaggio; Il Duomo, il castello dell'Imperatore, il palazzo Pretorio, sono solo alcune delle bellezze che si possono ammirare facendo due passi per il centro e se poi ci assale all'improvviso quella voglia di qualcosa di buono, a pochi passi da piazza del Duomo si trova il laboratorio del vicepresidente dell'Accademia dei Maestri Pasticceri Italiani, il famosissimo Paolo Sacchetti con  la sua pasticceria Nuovo Mondo e vi assicuro che è impossibile non fermarsi per fare una sosta golosa, quando faccio un salto in centro.




Lo scorso anno, ebbi un invito da parte di Vetrina Toscana,  progetto di Unionioncamere Toscana e Regione Toscana che  promuove ristoranti e botteghe che utilizzano i prodotti del territorio  per poter scoprire i prodotti e produttori di casa mia e il laboratorio di Paolo Sacchetti fu proprio la prima sosta.
Vedere il maestro all'opera nel preparare le sue pesche di Prato è stata una cosa a dir poco affascinante; è riuscito a dare un'identità ben precisa ad un dolce che spesso è presente in tantissime città italiane, ma che ha avuto i natali proprio in quel di Prato, nel lontano 1861 per festeggiare l'Unità d'Italia.
Una soffice pasta lievitata, una bagna e una golosa farcitura, i tre elementi costanti che caratterizzano la pasticceria italiana in ogni dolce regionale. Le pesche di Prato hanno tutte e tre queste caratteristiche; una soffice e profumata pasta brioche, una bagna alcolica ottenuta con il famoso alchermes dell'Officina di Santa Maria Novella e una golosa farcia di crema pasticcera sono le caratteristiche vincenti di questa soffice e golosa brioche.




Pesche di Prato



Per 100 pezzi

Per la pasta brioche

  • 1,1 kg di farina 0 GranPrato
  • 240 g di zucchero semolato
  • 140 g di burro
  • 500 g di uova fresche  (circa 10)
  •  12 g di lievito di birra fresco (oppure 3 g di lievito di birra disidratato)
  • 40 g di miele d'acacia
  • 20 g di arancia candita
  • mezza bacca di vaniglia
  • 70 g di acqua minerale
  • un pizzico di sale 
Per la crema pasticcera

  • 350 g di latte fresco
  • 150 g di panna
  • 140 g di zucchero
  • 40 g di farina
  • 120 g di tuorlo d'uovo ( circa 6 )
  • un pizzico di sale
  • mezzo baccello di vaniglia
  • una scorza di limone biologico
Per la bagna ( consiglio di raddoppiare la dose)

80 g di acqua
120 g di zucchero
60 g di alchermes dell'Officina di santa Maria Novella

Per la finitura

Canditi d'arancia
zucchero semolato
foglie di menta





  Preparazione

Fare il primo impasto

Nella ciotola dell'impastatrice mettete 450 g di farina, 100 g di uova (2), 60 g di zucchero i 35 g di lievito di birra, 60 g di burro morbido, la scorza di arancio candita che avrete precedentemente frullato e l'acqua leggermente intiepidita. Azionate la planetaria  con il gancio a foglia e impastate fino a che l'impasto non sarà liscio ed elastico. Fate lievitare per 90 minuti circa, o almeno fino a che non sarà triplicato di volume.

Secondo impasto

Nella ciotola dell'impastatrice mettete il resto degli ingredienti che vi erano avanzati e iniziate a mescolare, unite anche i semi della bacca di vaniglia. Adesso è il momento di unire il primo impasto lievitato e mescolate finché non sarà tutto mescolato con cura e sarà di nuovo un impasto elastico.

Coprite con la pellicola e fate lievitare a temperatura ambiente, circa 27° fino a raddoppiare il volume.

Adesso passiamo alla pezzatura.
Pesate 100 g di pasta  e formate un filoncino lavorandola con le mani. Ora tagliate a metà, poi ancora a metà e infine ancora una volta. Sulla spianatoia vi ritroverete 8 pezzetti di 12 g l'uno. Roteate la pasta sotto il palmo della mano  e formate delle palline. Fatele riposare per qualche minuto, poi tornitele nuovamente e mettetele su una teglia imburrata. Fate trascorrere 10 minuti, poi schiacciatele con il palmo della mano, fino ad ottenere delle piattelle.
Fate lievitare a  temperatura ambiente per circa 4-5ore e poi cuocere nel forno già caldo modalità statico, a 220° per circa 6 minuti.

Per la crema pasticcera

La sera prima unite il latte e la panna in una pentola, uniteci anche la polpa della  della bacca di vaniglia e la scorza del limone.Riponete in frigo coprendo la pentola con la pellicola per alimenti.

La mattina setacciate la farina con metà dello zucchero ed il sale, tirate fuori la pentola con il latte dal frigo e unite l'altra metà dello zucchero che aiuterà a non far attaccare il latte al fondo del tegame e mettetela sul fuoco. Appena il composto sarà caldo, versatene circa 100 g sulla farina e rimettetelo sul fuoco, fino ad arrivare al bollore Sbattete con una frusta il composto di farina e latte fino a rendere il tutto omogeneo.Aggiungete i tuorli e continuate a mescolare, ora versate tutto il latte filtrato che oramai avrà raggiunto il bollore e sempre mescolando rimettete il tutto sul fuoco.
Fate addensare fino a raggiungere gli 83°.
Raffreddate a bagnomaria con acqua e ghiaccio coprendo la superficie con la pellicola per alimenti per non far formare la pellicina.
Raggiunti i 4° la crema è pronta per essere usata.

Per la bagna


Unite l'acqua e lo zucchero dentro ad una pentola, portare a bollore sul fuoco e spegnere. Fategli raggiungere la temperatura ambiente e poi potete usarlo.

Unite lo sciroppo all'alkermes e mescolate.
La bagna va usata a circa 35° per inzuppare al meglio le brioche, quindi vi consiglio di scaldarla leggermente se nel frattempo si fosse raffreddata. Ne occorreranno circa 12 g per ogni mezza sfera.

Per la finitura


Bucate con un coltello la base della pallina di brioche poi immergetela completamente nella bagna, ripetendo la stessa azione  per tutte le semisfere.

Con un sac a poche  riempite i buchi con un po' di crema pasticcera poi ripassate tutte le pesche aggiungendone un'altra piccola dose. Ricordatevi che per ogni pesca finita, occorreranno 24 g di crema pasticcera.
Rotolate la parte centrale della pesca nello zucchero semolato e decorate  con un pezzetto di arancia candita e una foglia di menta.
Inserite la pesca in un pirottino di carta e lasciate riposare almeno 12 ore prima di servirle.
Le pesche di Prato si conservano in frigo per 2 o 3 giorni circa.

giovedì 21 novembre 2019

Risotto con trombette dei morti e gamberi





Non ci credo neppure io!
Dopo tanti, tantissimi mesi, sono qua seduta davanti al computer a scrivere un nuovo post per questo blog che langue, quasi dimenticato.
La colpa non è di questa creatura nata per gioco 11 anni fa, anzi, la amo tutt'oggi come se fosse il primo giorno  e la voglia di cucinare, sperimentare e studiare  non mi sono mai passate, semplicemente mi sono voluta staccare da tutto quel mondo virtuale fatto di "nulla", di statistiche, di numeri sciorinati da blogger così piene di se, da mettere in primo piano il numero dei follower alla loro passione per la cucina, un mondo che mi sono sentita stretta addosso e in cui non mi trovavo più bene, e come un vestito troppo aderente e non adatto al mio corpo, mi sono svestita  e con pazienza ho atteso di disintossicarmi da tutto e da tutti, per tornare a vivere il mio modo di scrivere e parlare di cibo, rimanendo sempre me stessa e postando le ricette che mi sono veramente piaciute e che ho amato dal primo assaggio.

Forse è proprio questo che è andato perso in questi anni, si sono messi da parte i valori fondamentali che ci hanno spinte ad aprire un blog, come la passione per la cucina e la condivisione del proprio sapere, per focalizzare il tutto verso i numeri dei follower che dovevano per forza aumentare ogni giorno, anche a costo di barare con mezzucci alquanto discutibili, per conquistare maggior visibilità e catturare l'attenzione di agenzie pubblicitarie e aziende.

Io non faccio parte di quel gruppo di persone, come non ne  fanno parte  i blogger e le blogger che ho avuto il piacere di incontrare e con cui sono cresciuta nel corso di questi anni, ma credetemi se vi dico che ce ne sono tanti altri che non si sono fatti troppi scrupoli.

Ma dopo questa divagazione sul tema ( che spero mi perdonerete), torniamo a noi e diciamo il  perché ho deciso di postare proprio questo risotto con trombette dei morti e gamberi.

Come ben saprete quest'anno per i funghi è stata un'annata speciale! Complici le piogge e il caldo umido, che da primavera inoltrata fino alla fine di Ottobre hanno fatto si  che le nascite e la raccolta siano state strepitose, e sono più che certa  che non esista nessuna persona  appassionata  di questi meravigliosi regali della natura, che non si sia armata di permesso, bastone e scarponi, per addentrarsi nel bosco alla ricerca del prezioso bottino.



Io e mio marito siamo degli appassionati e appena possiamo saltiamo giù dal letto all'alba per andare a ritemprare mente e fisico, nel bel mezzo del bosco; porcini, galletti, mazze di tamburo e quest'anno abbiamo avuto anche la fortuna di poter raccogliere tante, ma tante trombette dei morti, che nonostante il nome così poco rassicurante, dovuto al fatto che iniziano a spuntare proprio nell'approssimarsi della celebrazione dei defunti, hanno un sapore ed un profumo veramente eccezionali.





La raccolta è stata davvero miracolosa e con ben due panieri colmi siamo tornati a casa felici come mai!
Le trombette dei morti sono anche chiamate tartufo dei poveri, per il sapore molto simile a quello del prezioso tubero e una volta pulite per bene da terra e impurità, aiutandosi con un pennellino e fiato dei polmoni, tagliando la parte finale del gambo che potrebbe ostruire e conservare ancora un po' di terriccio, vengono essiccate e poi tritate finemente per ricavarne una polvere finissima, che unita ad esempio, nella dose di un cucchiaino a persona  a un semplicissimo aglio olio e peperoncino, vi regalerà uno spaghetto da urlo!

Io per essiccarle uso l'essiccatore, impostando la temperatura a 50° per circa 6-7 ore o fino a che le trombette non sono completamente disidratate e pronte per essere tritate nel macina caffè che utilizzo per ridurre in polvere qualsiasi ingrediente, tranne che il caffè.

Un'altra preparazione veramente interessante che si può ottenere da questi funghi è il paté per crostini; basta cuocere i funghi con qualche cucchiaio di olio extravergine d'oliva, uno spicchio d'aglio in camicia, qualche gambo di prezzemolo, nepitella se l'avete, insaporire con sale e pepe e una volta cotti i funghi, tritarli con il mixer e rimettere il tutto dentro al tegame dove avrete fatto sciogliere del burro  con un pochino di pasta d' acciughe o un'acciuga sottolio, e lasciar insaporire il tutto per un pochi minuti. Otterrete così un paté ottimo da usare su del pane da crostini oppure ne potrete aggiungere qualche cucchiaio  al  risotto con la zucca, qualche minuto prima del termine della cottura.

Questo paté si conserva benissimo nel congelatore per qualche mese, come si conservano bene anche le trombette cotte e poi abbattute nell'abbattitore subito dopo la cottura, a cui seguirà la surgelazione, per averle sempre pronte sia per il risotto, un piatto di pasta, o per un paté all'ultimo minuto.
Chiedetemi se ne ho una bella scorta in freezer...





Risotto con trombette dei morti e gamberi



Per 4 persone

  • 360 g di riso carnaroli
  • 360 g di trombette dei morti pulite e sciacquate
  • 12 code di gambero sgusciate e devenate
  • brodo vegetale (un litro circa o quanto ne richiede il risotto)
  • olio extravergine d'oliva
  • 1 spicchio d'aglio in camicia
  • gambi di prezzemolo
  • qualche foglia di nepitella
  • burro q.b
  • sale, pepe


Iniziate a pulire i funghi con un pennellino, tagliate la parte finale del gambo e sciacquateli brevemente sotto il getto dell'acqua. Lasciateli scolare e poi metteteli in un tegame con qualche cucchiaiata d'olio, lo spicchio d'aglio, il prezzemolo, la nepitella, il sale ed il pepe; lasciateli cuocere per circa 15-20 minuti, fino a che non avranno perso l'acqua e saranno cotti. Metteteli da parte.

Prendete le code di gambero pulite e devenate e dividetele in 3-4 parti.

Tostate il riso in un tegame, senza olio ne burro, appena lo sentirete caldo al tatto iniziate a versare il brodo vegetale, pochi mestoli alla volta e portate a metà cottura.
Aggiungete i funghi, aggiustate di sale  e finite di cuocere, aggiungendo il brodo che vi era rimasto. A circa 5 minuti dal termine della cottura, unite anche i gamberi a pezzetti e finite di cuocere. Mantecate con qualche tocchetto di burro e portate in tavola.